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Storia di una Pasqua di lotta

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Nel 1950 alle Officine meccaniche reggiane, a fronte di un piano di 2.100 licenziamenti, inizia la più lunga occupazione di una fabbrica da parte degli operai della storia italiana

Nel novembre del 1950 Giuseppe Di Vittorio, nel consegnare alla Camera del lavoro di Reggio il secondo premio della gara di emulazione nazionale per la campagna di tesseramento, affermava: “La vostra condotta non suscita soltanto l’ammirazione dei lavoratori reggiani, ma anche di coloro che comprendono come, difendendo lo stabilimento, si conduce una battaglia per la vita e per la necessità che in Italia ognuno viva del proprio lavoro”.

L’occupazione durerà diversi mesi e gli operai festeggeranno in fabbrica anche il Natale.

“Il Natale di lotta dei lavoratori delle Reggiane - annoterà Sergio Iori, operaio ed ex partigiano nel proprio diario - è riuscito in pieno superando i pronostici fatti i giorni prima. Stamane lo ziffolo è suonato alle 8.05, il suo suono ha fatto sentire a tutta Reggio la lotta delle Reggiane. Verso le 10 gli operai si sono raccolti in città, questo ha fatto sentire ancor meglio la lotta a tutti i cittadini. Alla mezza i refettori offrivano una bellissima cornice, tavoli lunghi a non finire pieni di bottiglie messe in fila, pane, salame, una mela ed una sigaretta. Il locale era molto confortante, pavesato di bandierine le quali rendevano ancora più brillante la festa. Gli operai hanno mangiato e cantato, da parte dei 700 del corso sono state offerte in atto simbolico 4 torte e precisamente agli operai della Forgia, Fonderia, al comitato di agitazione, alla Cgil. Questi atti hanno riscosso grandi applausi fra tutti i presenti. Con noi vi erano delegazioni varie: Breda, Delta Padano, Bassa Reggiana, eccetera. Inoltre i deputati e senatori democratici, i quali hanno portato con brevi discorsi un grande entusiasmo fra tutti i lavoratori. Si sono poi iniziati gli spettacoli in programma e la distribuzione dei pacchi ai bambini. Infinite colonne di gente si sono portate oggi alle Reggiane, la manifestazione è riuscita in pieno, i nostri avversari sputino pure veleno, la classe operaia ha già scelto”.

Anche la Pasqua verrà trascorsa in fabbrica, con un visitatore d’eccezione: il segretario generale della Fiom, Giovanni Roveda.

Si legge su Lavoro nel marzo 1951: “La voce dei tre trattori R. 60, costruiti dai lavoratori delle Reggiane durante i mesi della lotta ha ripetutamente echeggiato nella giornata di pasqua che le maestranze del nostro massimo complesso industriale sono state costrette a festeggiare all’interno della fabbrica. In quel giorno i lavoratori delle reggiane si sono trovati insieme riuniti, come in qualsiasi altro giorno di lavoro, nella fabbrica da lungo tempo difesa. Con loro era la popolazione generosa della nostra città, con loro erano i dirigenti tra cui il senatore Roveda. Nei luoghi che vedono il loro quotidiano lavoro e dove essi sperimentano le loro qualità di abnegazione e di sacrificio, e hanno saputo mostrare la propria capacità di direzione, gli operai hanno consumato il pasto pasquale. Il rombo potente del trattore è stato certo il migliore commento a questa giornata di festa che per gli operai ha dovuto essere anche di lotta per l’intransigenza e l’ostinazione della direzione e del governo. Le maestranze delle Reggiane guardavano i trattori come si guarda una creatura vivente che è uscita dalle nostre mani; il rumore dei trattori aveva qualcosa di umano, di quell’umanità che gli operai avevano comunicato costruendoli, qualcosa come i battiti di un cuore. Sì, la Pasqua alle Reggiane non poteva avere migliore commento dell’urlo delle sirene, della voce viva dei trattori, non poteva avere miglior cornice delle cento e cento bandiere tricolori e della pace messe sulle gru, dell’animazione serena della folla stretta attorno alle maestranze e che rompeva il grigiore quasi autunnale della Pasqua precoce. C’erano tutti alla festa: gli operai e i cittadini, tutto quello che costituisce la nostra speranza e la fiducia nell’avvenire del paese; c’erano gli uomini generosi che da sei mesi non hanno percepito salario e fanno pulsare le macchine per costruire gli strumenti del progresso e della vita”.

Nel corso dei mesi a fianco dei lavoratori delle Reggiane si schiereranno artisti, politici, rappresentanti del mondo dell’arte e della cultura: Renato Guttuso, Carlo Levi (“Gli uomini di cultura siete voi, perché la vostra lotta è di per sé un grande fatto di cultura… E lo siete per il coraggio di cui date prova, per la probità, per l’amore che portate a questa realtà viva che è la vostra fabbrica. In tal modo voi continuate la tradizione vera della cultura operaia, che si batte per il rinnovamento della struttura sociale”, dirà il 7 luglio 1951), Nilde Iotti, Italo Calvino solo per citarne alcuni. 

Una storia importante, da raccontare anche attraverso i documenti della fabbrica. Il patrimonio archivistico delle officine copre quasi interamente i cento anni di vita dell’azienda. 

Dal 2012 presso il Polo archivistico di Reggio Emilia è stato depositato l’Archivio storico delle Officine, donato dall’ultimo proprietario dell’azienda, Luciano Fantuzzi, al Comune di Reggio Emilia. Si tratta di uno degli archivi industriali più importanti su scala nazionale. Le Officine Reggiane infatti, fondate nel 1904, operarono per oltre 90 anni in vari settori produttivi (ferroviario, agricolo, aeronautico, alimentare) e all’apice del loro sviluppo (nel 1941) impiegavano oltre 11.000 dipendenti, occupando un’area di 600.000 metri quadri immediatamente a nord della città.

L’archivio, la cui sezione relativa alla direzione e presidenza è già a disposizione del pubblico per la consultazione dal 2014, è ancora in fase di recupero e riordino. Si può consultare l’inventario parziale dell’archivio storico a questo link.

L’archivio digitale raccoglie 23.000 disegni, relazioni tecniche, fotografie, bozzetti, cataloghi tecnici, filmati d’epoca, interviste (scarica l’indice dell’archivio digitale).

Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale


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